Pelliccia finta non sei una pelliccia bio

Vi dimostro perché la pelliccia finta é una pelliccia sintetica: studi e ricerche

Pelliccia finta | Molti di voi si saranno chiesti perché non abbia approfondito l’argomento che nella moda e tra gli addetti al settore é il “m’ama-non m’ama”dell’anno: meglio pelliccia vera – meglio pelliccia finta.

In realtà l’ho fatto, ho scritto tanti post ma non sono mai andata in profondità come questa volta.

Non siate stupiti dal fatto che il testo non sia di due righe perché per me dovrebbe essere scontato che sia meglio utilizzare le pellicce vere.

Anche ammesso che sia così come ho scritto in questo post voglio dare informazioni libere e incondizionate, non di parte che esprimano le voci corrette di tutti e azzittiscano le menzogne anche a costo di dover ammettere che ciò in cui credo é sbagliato… se qualcuno riesce a dimostrarmi che lo é.

Per fare questo non vuol dire non avere o non poter avere un’ opinione;  per farlo bisogna documentarsi senza avere la presunzione di conoscere tutto. Bene, con umiltà l’ho fatto.

Ho letto centinaia di articoli, raccolto le voci di decine di persone da biologi, zoologi, chimici, animalisti, pellicciai, designers, brands della moda e anche della “gente comune”.

Ho analizzato il tutto e ora vi racconto come stanno le cose in modo che ognuno di voi possa decidere se “l’ama o non l’ama”.

Il sessanta per cento della popolazione mondiale si veste con fibre sintetiche utilizzate nello sportswear, giacconi di pile, calzature, intimo, piumini sintetici senza vera piuma ma riempiti di poliestere.

Piume e pelo animale zero ma avanti tutta con la plastica.

L’ Unione Internazionale per la conservazione della natura (IUCN) riferisce che il solo lavaggio dei capi in fibra sintetica é la causa di ben il 33% delle emissioni microplastiche nell’ambiente.

Ultimamente va di moda definire la “pelliccia finta”, chiamiamola così per ora finché non ci siamo chiariti le idee su quale sia il suo vero nome, pelliccia ecologica, eco pelliccia o pelliccia bio.

Il termine pelliccia sintetica é stato quasi erroneamente sotterrato.

Ma quando parliamo di tessuti ecologici o biologici sappiamo a cosa ci riferiamo o questi aggettivi vengono usati un pò come “amico” per definire colui che magari abbiamo visto una sola volta?

Il GOTS (Global Organic Textile Standard) é riconosciuto come lo standard mondiale più importante per la produzione sostenibile di prodotti tessili realizzati con fibre naturali da agricoltura biologica, come il cotone o la lana (bio). Se un tessuto é certificato GOTS é considerato BIO o ecologico.

Sulla “pelliccia finta” non ho ancora visto questa etichetta ma non divaghiamo, andiamo avanti.

La certificazione GOTS attesta che i prodotti tessili siano realizzati con almeno il 70% di fibre naturali provenienti da agricoltura biologica quali fibre, tessuti, filati, abbigliamento, giocattoli in fibre tessili, biancheria per la casa e i prodotti per la cura della persona.

Ovviamente queste fibre vengono colorate, e per certificare che i processi di colorazione e i materiali usati rispettino rigorosi standard non nocivi alla salute dell’uomo e nel rispetto dell’ambiente la palla viene passata all’ ICEA (Istituto per la Certificazione Etica Ambientale).

L’ ICEA é un consorzio senza fini di lucro, di cui fanno parte enti, associazioni, imprese e organizzazioni civili che ha messo a punto uno schema di certificazione in accordo con i rigidi standard internazionali di riferimento.

ICEA controlla e certifica che migliaia di aziende operino nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente tutelando la dignità dei lavoratori e i diritti dei consumatori.

Pensate che anche il cotone non é cosi ecosostenibile, e mi dispiace perché amo il cotone bio in quanto per problemi di allergia mi ha cambiato la vita, però per produrre una t-shirt sono necessari quasi 3000 litri di acqua la maggior parte dei quali sono utilizzati per produrre la fibra o alimentare la pianta.

Largo alla canapa e al bambù, quest’ultimo biodegradabile addirittura al 100%.

Tra le varie certificazioni che rilascia ICEA, udite udite, una delle più importanti é la RDS (Responsible Down Standard) che attesta che le piume impiegate per le imbottiture siano ottenute secondo criteri che rispettino la salvaguardia dell’animale.

Gli aggettivi “pelliccia ecologica” e “pelliccia bio” nel campo della pellicceria sono stati talmente usati erroneamente, che credo si sia riusciti a mandare in palla anche Google.

Googlando “pelliccia bio” o “pelliccia ecologica” tra i milioni di risultati annessi e connessi ho fatto una selezione dei più gettonati e dei quattro che ho apprezzato particolarmente, prendetevi un ulteriore minuto per dare un’occhiata:

  1. Il Kanekaron una delle fibre preferite per la produzione di “pelliccia finta” per il suo aspetto e morbidezza molto simile al pelo vero.

Rientra nei risultati Google di “pelliccia bio” peccato che sia per definizione una fibra modacrilica cioè che contiene una percentuale di acrilonitride che va dal 50% all’ 85%, sopra l’ 85% entriamo nel mondo del mitico acrilico. Prodotto dalla giapponese Kaneka Corporation colosso mondiale della chimica nel 1957 per l’abbigliamento dei pompieri date le sue straordinarie doti ignifughe.

Riportata in auge nel 2010 da Chanel che durante una famosa sfilata tra i ghiacci dell’artico porta in passerella “pellicce finte”.

Sono rimasta francamente abbastanza stupita leggendo le dichiarazioni di Bruno Massa, ex amministratore delegato di Daks, ma tra le cui competenze rientra anche quella di essere uno dei massimi esperti di ecologia.

Spiega Massa «rispetto agli acrilici e al poliestere di cui sono fatte le pellicce sintetiche di basso costo, questa ha una luce e una qualità al tatto abissalmente diversa» e continua – «Ho conosciuto la Kaneka (ndr. la Kaneka Corporation multinazionale della chimica con sede ad Osaka, motto dell’azienda Make Your Dreams Come True) quando ero il distributore in Giappone di Valentino — racconta — Uno dei loro manager più svegli mi ha chiesto un’idea per sviluppare questo nuovo tessuto e me ne ha spedito un pezzo a Milano, dentro una scatolina. Mi si è aperto un mondo».

Se il prodotto finito lo vogliamo poi chiamare “pelliccia bio” beh mi sembra una grande cazzata!

Ok cambiare idea, ma letteralmente risorgere pensavo fosse per ora monopolio solo di una persona!!!

2) Sito che decanta di avere tessuti ecologici – scusate è uno dei siti leader del settore 

mmh mi dicono che non ci sono risultati per “pelliccia ecologica” per cui presumo di non trovare niente neanche su “pelliccia bio”. Infatti…nulla. Però la descrizione è veramente interessante pelliccia in poliestere… 

Qui sotto la foto della ricerca sul sito

pelliccia finta pelliccia bio

3) Tessuti in qualità bio con o senza certificato GOTS chi pensa che i tessuti eco-sostenibili non possono essere moderni e colorati, sbaglia entrate nel mondo vivace e meraviglioso di tessuti eco-sostenibili di Alpinschnuller”.

Aiuto…dove sono le pellicce su questo sito?

Appunto! Non ci sono,

andiamo avanti!

4) La pelliccia sintetica è l’alternativa vegan alla pelliccia vera con cui impreziosire il proprio outfit in un attimo. Le pellicce ecologiche lavorate con procedure di alta qualità sono difficili da distinguere visivamente dalla vera pelliccia. Inoltre, sono super morbide e perfette per creare calde giacche e gilet. La pelliccia sintetica può essere utilizzata anche semplicemente per creare un colletto. Questo soffice tessuto attirerà in ogni caso sguardi di ammirazione e vi proteggerà dal freddo dell’inverno. 

WOW sembra lo spot per la promozione dell’elisir dell’eterna bellezza peccato che andate a dare un’occhiata di cosa si parla.

Ne concludo che non esiste nessuna pelliccia finta che sia ecologica, biologica e che il suo vero nome sia pelliccia sintetica o tessuto sintetico.

I capi sintetici, tra cui quelli in pelliccia sintetica, sono costituiti da derivati del petrolio in maggior parte da acido acrilico, stesse sostanze presenti nella plastica in percentuali altissime che causano danni ambientali irreparabili.

Solo per darvi un’idea la domanda di acido acrilico é aumentata negli ultimi dieci anni da tre a sei milioni di tonnellate. E’ un derivato del propilene, sottoprodotto delle lavorazioni nelle raffinerie.

Quanto inquini una raffineria lo sappiamo tutti, quanto l’estrazione del petrolio e i danni permanenti che causano gli incidenti delle petroliere sia massacrante per i mari e l’ambiente pure.

Il petrolio e i suoi derivati muovono una industria di denaro tale in grado di silenziare ogni polemica solamente in un paio di giorni.

Tutto ciò non mi sembra proprio salutare ne per i ghiacci della Groenlandia ne per le foche e sopratutto per le popolazioni che abitano quelle terre di cui spesso in molti fanno finta di scordarsi. A causa di queste “dimenticanze” é stato deciso che le foche vanno difese a prescindere dalle necessità degli abitanti di quelle terre: gli Inuit, più conosciuti dal grande pubblico come Eschimesi.

Se qualcuno si confondeva ora lo acculturiamo sperando non lo faccia più.

Inuit costretti a presentarsi due anni fa al Parlamento di Strasburgo per protestare contro la legge emanata nel 2010 dal Parlamento Europeo che introducendo il divieto di commercio e acquisto di prodotti e derivati dalla caccia delle foche aveva fatto crollare l’esportazione delle pelli di queste del 90% condannando una intera comunità alla fame. 

Voi non potete capire che questo é il nostro modo di vivere e di mantenerci dall’alba dell’umanità” pregava urlando a gran voce l’ex ministro dell’agricoltura e della caccia Karry Lyberth.

Greenpeace fece ammenda pubblica e un passo indietro ammettendo che le intenzioni di “interrompere lo sfruttamento commerciale delle foche era andato troppo al di là”. Saper chiedere scusa non é sempre così scontato.

Addirittura Greenpeace e gli Inuit arriveranno ad allearsi contro le trivellazioni nell’artico, si perché fino a lì sono arrivati.

Strasburgo fece orecchie da mercante con il risultato di azzerare praticamente l’economia di sussistenza di quelle popolazioni e di far popolare talmente tanto le foche al punto di mettere a rischio di estinzione parecchie speci ittiche: forse non lo ve l’hanno detto ma una sola foca mangia circa 200kg di pesce vivo al giorno.

Non mi sembra proprio una dieta ecosostenibile per gli oceani.

NO alla estinzione falsa delle foche ma SI a quella vera degli Inuit e dei pesci: democratico!

Se é naturale e non scandalizza nessuno vedere un filmato di una foca che mangia centinaia di pesci, e non mi sembra neanche lo facciano ovviamente con grande delicatezza, é altrettanto naturale e non deve scandalizzare che un Inuit cacci per la sua sussistenza e quella delle proprie famiglie.

Torniamo a scottarci al sole.

Le Nazioni Unite di Ginevra, durante un forum, hanno diffuso dati veramente allarmanti sull’impatto ambientale della moda collocandola solo al secondo posto tra le industrie più pericolose al mondo per l’ambiente in quanto produce il 20% del totale delle acque di scarico e il 10% delle emissioni globali. Testa di serie quella petrolifera.

Produrre in massa pellicce sintetiche non farebbe altro che peggiorare questi dati.

Premetto, anche se forse avrei dovuto farlo prima, che i dati e le notizie che riporto si basano su industrie che possano essere chiamate tali non su allevatori o concerie improvvisati, abusivi o di stati dove non esistono regole o dove addirittura non esistono neanche i diritti umani. Sia chiaro!

E sia chiaro anche che queste realtà non sono neanche degne di essere chiamate allevamenti o concerie e vanno combattute a prescindere da ciò in cui si crede.

Ho già scritto del fatto che purtroppo al mondo non tutti rispettano le leggi e le regole, questo nella vita di tutti i giorni ma per fortuna esiste ancora qualcuno che sia per obbligo o per volontà lo fa.

Voglio condividere con voi un pensiero che mi ha rimbombato in testa per giorni.

Ma perché le pellicce sintetiche sono più di tendenza che mai?

Si perché dopo aver reperito tutte queste informazioni, parlato con persone esperte in ogni campo, essermi trovata a parlare di chimica quando al liceo mi veniva paura solo a vedere la prof., il dubbio amletico si é ulteriormente insinuato nella mia testa.

Se le informazioni che ho riportato sono alla portata di tutti

perché Il brand londinese Shrimps produce pellicce sintetiche,

perché Stella McCartney che per decadi si é stimata di non mettere nelle sue collezioni nessun capo che potesse minimamente neanche ricordare una pelliccia ora si da alla pazza gioia con il finto istrice?

Forse faceva meglio a continuare sulla vecchia strada.

Cinquant’anni fa quando arrivarono alla ribalta le pellicce finte ok, erano l’unica alternativa a specie in via d’estinzione come il giaguaro e la tigre e in più non si aveva accesso a tutte le informazioni sull’ambiente che abbiamo oggi.

Il nostro pianeta non aveva ancora tutte le malattie causate dalla plastica e petrolio di cui soffre.

Io non c’ero ma di mia nonna mi fido!.

Sarei stata probabilmente anche tra le prime a comprare il numero di Vogue su cui il marchio di pellicce finte Timme-Tation promosse la sua finta tigre con uno slogan, probabilmente la prima dichiarazione contro le pellicce, “La bellezza internazionale che ha recentemente acquistato un maxi-cappotto fatto con la pelle di dieci tigri lo sa che ora sono solo 590 gli esemplari rimasti?”.

Top Model e star internazionali che hanno guadagnato milioni di dollari dai brands della moda per essere testimonial di campagne pubblicitarie o sfilare sulle passerelle con capi in pelliccia vera ora si sono pentite e diventate fur-free.

Mi auto cito e vi invito a cliccare qui e leggere questo mio post dove troverete anche Naomi che ogni tanto diventa amica solo della PETA, poi nei momenti di crisi credo economica torna amica di tutti.

Gisele Bundchen siamo nell’era di internet, ti ricordi come hai festeggiato i 40 anni della maison Roberto Cavalli?!? A voi cliccare sul link. Cavolo!!!

pelliccia-finta

Avranno restituito i soldi guadagnati o dati in beneficenza forse senza dircelo? Che carine!!

Giustamente vengono emanate sempre più leggi a favore della salvaguardia di animali in via d’estinzione e gruppi di animalisti come la PETA si trovano a manifestare contro l’uccisione degli animali a prescindere, altri fanno retromarcia e ammettono che forse la pelliccia ecologica non é tutta questa gran vitamina per il pianeta.

Dopotutto il pianeta non é la loro principale preoccupazione il problema é l’abbattimento degli animali.

Boh forse é che tra tutte le cose vanno di moda va di moda anche fare quello che fanno tutti.

Seguire le massa per paura di distinguersi.

Le pellicce vere, che piacciano o non piacciano, che piaccia o non piaccia, sono molto più naturali e ecosostenibili.

Le pellicce vere sono pellicce bio.

Avete ancora dubbi?

OK allora guardate anche questo video dove una equipe di ricercatori lo dimostrano scientificamente.

A differenza di altri materiali del settore tessile, i capi in pelliccia possono essere tagliati nuovamente e trasformati  seguendo l’evoluzione della moda.

La pelliccia è uno dei pochi capi di abbigliamento che vengono tramandati e spesso utilizzati da due o persino tre generazioni. 

Due terzi di tutti gli animali europei allevati per la loro pelliccia sono utilizzati al 100%.

Le risorse che vengono utilizzate per combattere contro il settore della pellicceria dovrebbero essere impiegate innanzitutto per dare giuste informazioni e per combattere chi veramente infrange leggi.

Le soluzioni sono tante e sono attuabili, attuate o in attuazione.

Ci sono brand come il londinese Mou che usa pellicce di pecora, antilope, agnello, vitello e coniglio che derivano dagli scarti dell’industria alimentare e possono durare più di trent’anni.

Aurora James di Brother Vellies, marchio di scarpe e borse, usa solo pellicce di conigli allevati all’aperto destinati al settore alimentare o di animali esotici solo di allevamento.

Per chi ama le regole scritte invece l’IFF promette che entro il 2020 certificherà più di 3500 allevamenti europei di visone, volpi e finnracoon e le case d’asta potranno vendere solo pelli certificate con il marchio WELFUR che ne attesterà l’origine, il metodo con cui sono allevati gli animali fornendone una valutazione oggettiva sul loro stato.

Entro la fine del 2020 sempre l’IFF renderà operativo il programma “FURMARK”che prende in considerazione sostenibilità, benessere degli animali e l’impatto ambientale dei processi di concia e di tintura delle pellicce.

Al FURMARK si affiancheranno il Saga Certification Scheme sulla base dei severi standard finlandesi, le norme sull’allevamento dei visoni in Nord America, un ampio sistema di leggi e di controlli per le pellicce di provenienza selvatica, il sistema di certificazione globale delle concerie e tintorie e, dopo il 2020, nuove norme che regolamenteranno l’allevamento degli zibellini in Russia e il programma sul karakul in Namibia (Swakara), nonché le prime bozze delle linee guida sugli standard di allevamento del karakul afgano.

Ok é vero, proprio chi doveva prendere provvedimenti per primo ci ha messo un pò di tempo per farlo ma…meglio tardi che mai!

Samantha

PS: in questo post vi racconto come uomini si ammalano e muoiono per la produzione di queste pellicce finte, bambini nascono con malformazioni e una volta che non piacciono più vengono rispedite proprio da coloro che le hanno prodotte: nel terzo mondo. Un mondo di schiavi del fast fashion.

Qui un post dedicato all’impatto ambientale sulla scelta dell’utilizzo della pelliccia

La pelliccia finta è veleno!

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